L'ambiente naturale delle frazioni di Gaio e Baseglia
di Antonio Zavagno, dal libro "LEGGERE UN AMBIENTE Gaio e Baseglia" - edito dall'Associazione "I Due Campanili" di Gaio e Baseglia - 1992
Lo studio sulle caratteristiche naturali del territorio di Gaio e Baseglia, effettuato con notevole competenza da Antonio Zavagno, ci segnala l'insospettata ricchezza di questo "libro aperto" che rivela (a chi sa guardare, naturalmente), fra i resti dell'antico bosco di Gaio, i letti dei due corsi d'acqua, le rive sul Tagliamento e la grava, aspetti, particolari e paesaggi di grande interesse...
L'ambiente naturale delle due frazioni è delimitato a sud da Spilimbergo e ad ovest dal torrente Cosa; l'alveo del fiume Tagliamento lo definisce ad est, mentre verso nord Gaio si perde praticamente fra le propaggini meridionali di quell'ambito boschivo denominato Bosco di Valeriano.
Morfologicamente, l'ambito delle due frazioni è suddivisibile in quattro zone che, per caratteristiche diverse di giaciture naturali e presenza antropica, si possono considerare distinte: le due direttrici lungo i corsi d'acqua principali (a), analoghe per condizioni pedologiche e floristiche; la zona pianeggiante sull’alveo del fiume Tagliamento (b); la scarpata che si fonde nei lembi meridionali del Bosco di Valeriano (c); la rimanente parte pianeggiante sulla quale le due frazioni sorgono (d) .
L'area interessata dallo studio, caratterizzata da una piovosità media annua che si aggira sui 1600 mm/anno, va da una altitudine minima di 110 mslm sul greto del Tagliamento all'altezza di Baseglia, ai 175 mlsm della zona meridionale del Bosco di Valeriano.
L'esposizione generale è a sud, caratterizzata da un vento "dominante" di Scirocco umido e da un vento "regnante" da nord-est freddo ed asciutto. Il clima, con massimi di piovosità autunnali e primaverili, minimi termici di -8°C e massimi di +35°C, è un tipo di transizione fra quello continentale e quello marittimo.
Nel territorio di Baseglia e Gaio è riscontrabile un sufficiente equilibrio fra superfici a verde e centri abitati e coltivi, fra zone cioè dove esiste un continuo intervento antropico ed aree dove esistono ancora gradi di naturalità tali da permettere l'esistenza di una presenza vegetale e faunistica caratteristica dell'Alta Pianura Friulana e della fascia di passaggio fra la pianura stessa ed i primi rilievi collinari.
Le due frazioni, infatti, giacciono morfologicamente ai piedi delle prime colline, Baseglia a quota 150 mslm e Gaio a 156 mslm, lungo la scarpata che costeggia il letto del fiume Tagliamento. Un altro corso d'acqua però segna il paesaggio in oggetto, il torrente Cosa, che, originandosi lungo le falde del monte Rossa, confluisce poi nel Tagliamento a sud dell'abitato di Spilimbergo.
Per quanto riguarda la pedologia, Baseglia sorge in parte su terreni prevalentemente argillosi, tipici della zona pedecollinare, che sono misture di terreni provocati da alluvioni sabbioso-argillose dell'Alta Pianura Friulana; la fertilità è in genere buona. Gaio, invece, poggia su terreni più marcatamente sabbioso-argillosi variamente commisti a ghiaia; gli stessi terreni si ritrovano in una fascia nella zona del "Bando" e dei "Mizzeri", in Tagliamento, sulla linea di confluenza del Rugo di Valeriano.
Lungo il fiume, ai margini dello scorrere normale delle acque, si sviluppano invece terreni incoerenti, formati da ghiaie, sabbie e limo di recentissima alluvione: il tipico substrato che accompagna il deflusso dei principali corsi d'acqua della nostra regione nella zona dell'Alta Pianura.
La fertilità degli stessi è piuttosto precaria e con lo scendere a valle tendono a prevalere alluvioni a fini elementi. La progressiva caduta di velocità fa sì che si depositino a monte prima gli elementi grossolani; le sabbie ed il limo si compattano invece verso la bassa pianura e si verifica il noto fenomeno delle risorgive, la linea lungo la quale i terreni perdono la loro permeabilità e fanno riaffiorare le acque che avevano, nelle nostre zone, percolato nel sottosuolo.
Le stesse condizioni pedologiche sono riscontrabili lungo la linea di scorrimento del torrente Cosa dove non si sia intervenuti per convertire i terreni in colture.
Sulla fascia che dalla base delle rive raggiunge il greto, troviamo, per condizioni di giacitura più tranquille, terreni prevalentemente sabbiosi o sabbioso-limosi e calcareo dolomitici. La fertilità in genere può considerarsi buona, anche per un continuo apporto di sostanza organica e minerale durante i lavori agrari che interessano la fascia. Verso nord, in direzione del bosco di Valeriano, per ovvie condizioni assai diverse, si sviluppano terreni molto ricchi che derivano dalla successione dei cicli della vegetazione che domina la zona praticamente dai tempi lontani in cui tutta l'Alta Pianura Friulana vedeva la sua superficie coperta da una ricca vegetazione.
Troviamo, si diceva, un notevole sviluppo verso terre brune caratterizzate da humus di boschi di latifoglie decidue, come il mull da anellidi, che rimane però tuttora solo dove si è mantenuta una buona diversità di specie vegetali, sui diversi strati di sviluppo.
Un'area fra le più interessanti sotto il profilo vegetazionale la si ritrova scendendo lungo la stradina che dal cimitero di Gaio raggiunge il greto: questa, attraversando una zona di interesse militare caratterizzata da boschetti dove è osservabile una buona presenza di ontano bianco (Alnus incana), si dirama in più direttrici; proseguendo verso nord si perde in una zona molto varia che si trova praticamente a cavallo del confine fra il Comune di Spilimbergo e quello di Pinzano al Tagliamento. Nella zona, frequentata da appassionati di motocross e mountain bike, numerosi esemplari di ginepro (Juniperus communis) si mescolano a olivelli spinosi (Hippophae rhamnoides), carpini neri (Ostrja carpinifolia), al comune salice di ripa (Salix eleagnos). Fra la vegetazione erbacea, esemplari di carlina (Carlina vulgaris), eliantemo (Helianthenum nummularium), assenzio (Arthemisia alba), sanguisorba (Sanguisorba minor), paleo odoroso (Brachipodium pinnatum), vedovella dei prati (Globularia cordifolia) e timo (Thjmus serpyllum). Alcuni esemplari di pino nero (Pinus nigra) rappresentano il classico esempio di disseminazione avvenuta grazie al flusso verso valle delle acque; a questo riguardo, proprio nella zona suddetta, si ritrovano due specie rare e di difficile osservazione: un'erbacea, la nebbia strisciante (Gypsophila repens), e un arbusto strisciante, il camedrio alpino (Dryas octopetala). Sono specie tipiche di piani altitudinali assai maggiori e si può sicuramente affermare che a livello delle due frazioni di Gaio e Baseglia raggiungono uno dei punti altitudinali più bassi nella nostra Regione.
Il greto vede ripetersi, praticamente su tutta l'area presa in considerazione, la stessa vegetazione, che sopravvive solo nelle isole e ai suoi margini, in quanto la fascia che raggiunge la base delle rive è stata interessata da lavori di conversione in colture agrarie (prevalenza di mais, soia, prati a sfalcio).
Fra Gaio e Baseglia però, forse area unica di tutto il medio corso del fiume, prevalgono i prati a sfalcio, sui quali sono stati rispettati numerosi esemplari di pioppo nero (Populus nigra), che, lasciato ad alto fusto, alle volte capitozzato, è l'albero simbolo del Tagliamento. La flora erbacea che si sviluppa sui prati a sfalcio è notevole e fra dominanza di Graminacee, sono osservabili la salvia dei prati (Salvia pratensis) e alcune specie appartenenti alla famiglia delle Orchidee, fra cui l'orchidea Anacamptis pyramidalis.
In genere la vegetazione spontanea è stata notevolmente ridotta e rimane a gruppi ristretti anche se continui, come siepi lungo le numerose stradine interpoderali che permettono facilmente di accedere su tutta l'area, o lungo gli argini che dalla base delle rive raggiungono il margine del greto. In questa situazione, dicevamo, è tipico il pioppo nero che si accompagna a livello arbustivo al sambuco nero (Sambucus nigra) e alla sanguinella (Cornus sanguinea). Presente l'orniello (Fraxinus ornus), caratteristico per la fioritura bianca molto profumata, che si consocia quasi ovunque al carpino nero (Ostrya carpinifolia).
La zona dell'alveo che permette per le sue caratteristiche condizioni di posizione e giacitura una presenza più duratura dello strato arboreo è sicuramente la riva, che dal livello sul quale poggiano le due frazioni degrada sul greto; la lunga scarpata, nascendo al confine sud del comune di Spilimbergo e perdendosi poi verso il Bosco di Valeriano forma così sulla sponda destra del Tagliamento un elemento molto caratteristico, forse quanto il greto. Non avendo subito notevoli interventi di trasformazione, ha permesso la colonizzazione della vegetazione fino a formare zone a densa copertura arborea.
Dominano il carpino nero e l'orniello consociati ad esemplari di acero campestre (Acer campestre), acacie (Robinia pseudoacacia), ad un buon numero di querce, farnie (Quercus peduncolata) e roverelle (Quercus pubescens), a volte ibridi, gli alberi sicuramente più maestosi dei nostri territori, vedi gli esemplari adiacenti al cimitero di Gaio.
Fanno la comparsa specie come il pioppo bianco (Populus alba), anche se molto sporadico, e nel tratto sotto Gaio il pioppo tremulo (Populus tremula) e il carpino bianco (Carpinus betulus), alberi che si ritrovano abbondanti nel bosco di Valeriano. Quasi tutta la varietà di arbusti del luogo è ritrovabile sulle rive: fra sambuco, viburno (Viburnum lantana), sanguinella, pallon di maggio (Viburnum opulus) e qualche corniolo (Cornus mas), la specie che sicuramente prevale è il rovo comune (Robus fructicosus).
A livello erbaceo si ritrova la oramai non più comune Stipa pennata o erba delle fate, assai decorativa nel periodo della disseminazione, verso il bosco la calca treppola (Erjngium campestre) e la trebbia maggiore (Chrysipogon gryllus).
La lunga scarpata si fonde dunque nei lembi meridionali del Bosco di Valeriano, lacerto del bosco planiziale affettuosamente chiamato Bosco di Gaio e storicamente sicuramente vero in quanto la fruizione dell'ambito naturale veniva effettuata, se non altro nella sua parte meridionale, in modo maggiore dagli abitanti delle due frazioni.
Lembi meridionali nei quali si uniscono le siepi e si perdono le stradine di Gaio, dove maestosi esemplari di farnie consociate a carpini bianchi, a pioppi tremoli, ad ornielli danno ospitalità a numerose specie animali e se pur il comprensorio del bosco vede una continua pressione antropica, è colonizzato da un numero elevato di specie animali e diventa così, nell'area delle frazioni, il luogo ideale di interesse per coloro che desiderassero osservare la nostra fauna.
Per chi di decidesse di visitare il bosco in cerca di animali, una premessa è però d’obbligo.
Il bosco, per le sue caratteristiche nettamente diverse da ambienti palustri, rocciosi o da foreste dove la vista può spaziare e gli animali sono avvistabili con l'uso di binocoli, non permette facili avvistamenti. Il selvatico va conosciuto e cercato con la giusta preparazione, altrimenti si corre il rischio di rimanere delusi e di avere l'impressione sbagliata che nel bosco ci sia ben poco da vedere.
Mammiferi ed uccelli sono le classi di più sicuro e comune interesse, e nel bosco è il capriolo (Capreolus capreolus) l'animale più caratteristico, grazioso e irrequieto, dalla corporatura leggera ma efficace per muoversi nei densi sottoboschi di luoghi come questo. La sua presenza nel territorio è riscontrabile efficacemente dai "marchi" (cortecce slabbrate nei giovani fusti per lo strofinamento dei palchi; piazzole scoperte dalle foglie eseguite con le zampe posteriori per secernere l’umore contenuto nelle ghiandole per marcare il territorio); numeroso in tutto il bosco, frequenta anche la zona del greto del Tagliamento ed è facilmente osservabile all'alba ed al tramonto ai margini delle zone a densa copertura arborea, dove si reca per pasturare.
La lepre (Lepus capensis) invece, per le sue abitudini notturne, tranne incontri fortuiti, è di più difficile osservazione.
Molto attaccata, oltre che dall'attività venatoria, sia ai margini del bosco che sul greto, anche dai diserbi che interessano i coltivi dove l’uso di prodotti tossici falcidia ogni anno molti esemplari, deve la sua sopravvivenza ad una notevole capacità di riproduzione e all'estrema diffidenza verso qualunque fattore estraneo, che la fa reagire con rapidità correndo velocemente grazie alla sua particolare struttura fisica.
Un altro mammifero caratteristico della zona è la volpe (Vulpes vulpes), uno dei selvatici di più difficile osservazione, che caccia di notte prede di una certa mole e che non disdegna piccoli mammiferi come la talpa (Talpa caeca e Talpa europaea), vari tipi di topi (Apodemus silvaticum, Mus musculus), toporagni (Sorex minutus e Sorex araneus) oltre che uccelli di una certa dimensione.
Le sue tane sotterranee fornite di diverse entrate che le permettono una agevole fuga, sono più visibili nella zona sud-ovest del bosco di Valeriano ai bordi di una delle stradine interne anche se probabilmente molte sono state costruite dal tasso (Meles meles), che si è reintrodotto in questi ultimi anni.
Quest'animale, forse più della volpe, è difficile da vedersi e lascia sul terreno le sue impronte caratteristiche che mettono in evidenza gli sviluppati artigli. Gli altri selvatici che si riscontrano un po' ovunque nel comprensorio di Gaio e Baseglia, sono lo scoiattolo (Scirus vulgaris), il ghiro (Glis glis), il riccio (Erinaceus europaeus) la faina (Martes foina), il moscardino (Moscardinus avellanarius).
Le specie degli uccelli sono di gran lunga più numerose di quelle dei mammiferi ed anche più facilmente osservabili.
Si possono subito dividere le stanziali e le erratiche dalle specie di passo, che in alcuni casi invadono l'ambiente boschivo e lo rendono un ottimo luogo di osservazione.
Il fagiano (Phasianus colchicus), appartenente all'ordine dei galliformi, è stato introdotto, come nel resto dell'Italia, per scopo venatorio e nell’ambito delle frazioni è il "selvatico" da caccia per eccellenza.
Della famiglia dei corvidi, tre sono le specie caratteristiche del bosco, prima fra tutte la ghiandaia con il suo ciuffo di penne erigibili sul capo (Garrulus glandarius), che sceglie l'area per la presenza delle querce, dei cui frutti si nutre. La gazza (Pica pica) preferisce i margini amando luoghi aperti e zone coltivate. In questa famiglia, la specie erratica è la cornacchia grigia (Corvus corone cornix), che scende dai pendii collinari sulla pianura e durante l'autunno stormi numerosi sorvolano il bosco verso il Tagliamento.
Il picchio rosso maggiore (Dendrocopus major) ed il picchio verde (Picus viedis), più grande del precedente, sono i pìcidi che popolano :l’area e meritano sicuramente di essere osservati, visto che l'incontro non è per nulla proibitivo.
Si segnala, per l'ambito boschivo, anche un'osservazione, avvenuta nel 1984 di picchio nero (Dryocopus martius) e di nocciolaia (Nucifraga caryocatactes), abitanti tipici di foreste di conifere e betulle.
Ma il bosco rappresenta l'habitat migliore per una specie alata che sicuramente richiama l'attenzione di chiunque ami l'avifauna, la beccaccia (Scolopax rusticola), che nel fitto sottobosco trova l'ambiente giusto per una sosta durante le sue migrazioni, ed offre all'alba ed al tramonto uno spettacolo unico quando a gruppi raggiunge i prati per la pastura. Vietata la caccia alla "posta", che sfruttava questa sua abitudine, la beccaccia può essere incontrata fortunosamente anche durante il giorno. Appartenenti all'ordine dei passeriformi, eminentemente insettivori sono ben rappresentati, nell'ambito in esame, i turdidi. Fra questi uno dei migliori cantori europei in assoluto è l'usignolo (Luscinia megarhjnchos), che preferisce esibire il suo canto di notte. Il pettirosso (Erithacula rubecola) e il codirosso (Phonicurus phonicurus), sono gli altri due piccoli e comuni appartenenti a questa famiglia. I turdidi di maggiori dimensioni che incontriamo, specie all'epoca dei passi o durante l'inverno, sono senza dubbio animali che caratterizzano in maniera notevole i margini del bosco ed i frutteti lungo l'asta del torrente Cosa.
Fulmineo il passaggio davanti ai nostri occhi della sagoma nera di un merlo (Turdus merula) fra i cespugli della stradina che da Gaio corre parallela alla provinciale, dove è presente in modo notevole nascondendo i suoi nidi fra i rami del sambuco e del nocciolo. Nel periodo dei passi si possono ascoltare i versi a volte monotoni di gruppi foltissimi di cesene (Turduspilaris), che si spostano dai frutteti all'altezza di Gaio, verso il bosco, dove sono oggetto di una pressione venatoria sicuramente eccessiva. Infine si possono ascoltare i canti magnifici del tordo sassello (Turdus philolelos) e del tordo bottaccio (Turdus iliacus).
Dei columbidi, il colombaccio (Columba palumbus), preferendo zone alberate, sosta molto spesso sugli alberi più alti della zona nord e come la ghiandaia si ciba di ghiande e altri semi.
Due sono i tipi di tortore che si incontrano ai margini delle zone verdi, la tortora (Streptotelia turtur) e la tortora del collare (Streptotelia dacaoto), quest'ultima tipica invece dell'ambiente urbano.
Le passere nelle specie mattugia (Passer montanus) e domestica (Passer domesticus) sono comuni ovunque in tutta l'area, soprattutto nell'ambito urbano.
Con una semplice passeggiata lungo le stradine costeggiate da siepi o all'interno del bosco, ci si può imbattere nelle meravigliose evoluzioni delle cince fra cui la cincia bigia (Parus palustri), la cinciallegra (Parus major), la cinciarella (Parus cereleus), che si lasciano avvicinare senza il minimo timore. I codibugnoli (Aegithalos caudatus), dalla codina molto lunga, sono dei vivacissimi invasori del bosco nel peridodo dei passi. Altro simpatico quanto avvicinabile abitante è lo scricciolo (Troglodytes troglodytes), che si muove a scatti nell'intrico delle siepi. Dei silvidi il luì piccolo (Phylloscopus collybita) e il luì verde (Phylloscopus sibilatrix) sono gli esemplari che si possono osservare sui rami. Dei fringillidi, diffusissima famiglia di uccelli granivori, troviamo il fringuello (Fringilla coelebs); abbondante fra settembre e ottobre, abita preferibilmente lo strato più elevato delle chiome degli alberi. Il ciuffolotto (Pyrrula pyrrula), il cardellino (Carduelis carduelis) e il verdone (Carduelis chloris) sono gli altri fringillidi tipici.
Della famiglia dei lanidi due sono le specie che si possono osservare ai margini e fra le siepi: l'averla piccola (Lanus collurio), molto più comune dell'averla maggiore (Lanius excubiter).
La ballerina gialla (Motacilla cinerea) e la ballerina bianca (Motacilla alba) si incontrano dalla parte del Rugo o sui prati; sempre lungo il Ruat e sull'alveo del Tagliamento sostano a volte, durante i loro passi regolari, stormi abbastanza numerosi di pavoncelle (Vanellus vanellus).
L'upupa (Upupa epos) è un upupide che si può incontrare e che difficilmente sfugge alla vista per la sua coloratissima livrea. Lo storno (Stornus vulgaris), uccello gregario per eccellenza, staziona preferibilmente ai margini dei coltivi e nelle zone abitate.
Un ruolo basilare al pari dei carnivori per i mammiferi è svolto dai rapaci per gli uccelli, sia diurni che notturni, che con la predazione mantengono equilibrata la catena alimentare. Il rapace diurno più comune è la poiana (Buteo buteo), che preferisce zone alberate con terreni aperti e sosta quindi ai margini del bosco. Trovano ospitalità anche il gheppio (Falco tinnunculus) ed il falco pecchiaiolo (Pernius apiivorus). Sono facilmente osservabili proprio a sud del Bosco di Valeriano, dove a volte stazionano nelle cime degli alberi in prossimità della provinciale. Il cuculo (Cuculos canorus), che con il suo canto preannuncia la piena primavera, è assai frequente nel bosco.
Dei notturni il barbagianni (Tyto alba), l'allocco (Strix aluco) e la civetta (Athena noctua) sono gli altri rapaci che caratterizzano il luogo. Il Bosco di Valeriano è uno degli esempi superstiti di foresta planiziale afarnia. Per le sue condizioni di giacitura che permettono una viabilità quasi ottimale su tutta la superficie, ha subìto sempre negli anni l’interesse economico e lo sfruttamento del suo prodotto principale: il legno.
Vista la legislazione che protegge solo la superficie boschiva ma non ne tutela il taglio, che è sempre stato eseguito con il solo scopo di ottenere un prodotto da brucio, la conseguenza principale è stata un impoverimento delle essenze arboree caratteristiche a scapito della Robinia pseudoacacia che per le sue intrinseche qualità di infestante ha invaso il piano boschivo fino a raggiungere la purezza in alcuni lotti. Le condizioni ecologiche permettono però ancora la vita a molte
specie che qui trovano un ambiente adatto alle loro esigenze. Prevalgono su tutte le querce, gli esemplari più maestosi ed imponenti fra gli alberi delle nostre zone, subito riconoscibili per le loro chiome espanse e le foglie lobate caratteristiche. Gli esemplari migliori che si possono ancora osservare e che sopravvivono agli errati interventi di taglio si trovano nella zona sud, sia ad est che ad ovest, specialmente sulle rive. Sempre sulle rive che si affacciano sul Rugo, esiste una particolare area su cui alcuni individui di quercia rossa (Quercus rubra) sono stati probabilmente seminati o piantati dall'uomo. Notevole è la rinnovazione naturale, fenomeno che merita di essere
osservato specialmente in autunno quando le foglie si colorano di un bel rosso intenso offrendo uno spettacolo unico. Abbondante è il castagno (Castanea sativa), che purtroppo in quasi tutte le zone è colpito dal cancro corticale, malattia provocata da un fungo ascomicete, l’Endothia parasitica, che una volta infettato l'albero attraverso ferite o soluzioni di continuità della corteccia, provoca la cipollatura degli anelli. I frutti, le castagne, richiamano un buon numero di visitatori che iniziano a frequentare il bosco già dalle prime piogge d’agosto, quando compaiono i funghi commestibili che hanno reso famoso il bosco di Valeriano anche, e soprattutto, fuori regione. Del regno fungino spiccano fra i commestibili e molto ricercati il porcino (Boletus impolitus), il porcinello rosso (Leccinium aurantiacum), quello grigio (Leccinium griseum), la famigliola buona o chiodini (Armillaría mellea). Fra i mortali le amanite (Amanita phalloides, Amanita virosa) e fra i velenosi, ma che però fanno parte della dieta dei caprioli, lo stupendo ovulo malefico (Amanita muscaria) dal cappello, assai decorativo, rosso a chiazze bianche.
Altra specie legnosa tipica quanto bella è la betulla (Betula alba), che con la sua bianca corteccia è inconfondibile dal resto della vegetazione. Purtroppo la sua consistenza nel bosco si sta via via sempre più rarefacendo. Il carpino bianco (Carpinus betulus) ha le foglie che ricordano quelle del faggio e pochi esemplari di una certa mole restano quasi unicamente nella fascia a nord.
Il carpino nero (Ostrya carpinifolia) è presente sulle rive, dato che, a differenza del precedente, colonizza terreni meno profondi. Lungo il Rugo numerose sono le salicacee negli esemplari di salice bianco (Salix alba), salice ripaiolo (Salix eleagnos) e salice fragile (Salix fragilis), questi raramente si spingono nelle altre zone; l'unica specie di salice che è diffusa un po' ovunque è il salicone (Salix caprea). Delle salicacee fanno parte anche i pioppi nelle specie nigra e tremula. Delle oleaceae, frequente è l'orniello, che insieme a qualche frassino si accompagna all'ontano nero.
L'acero campestre (Acer campestre), l'olmo campestre ( Ulmus campestre), il ciliegio selvatico (Prunusavium) si ritrovano in pochi esemplari nell'ambito boschivo.
Per ultima si cita l'acacia, specie introdotta in Europa attorno al 1700, ora sicuramente dominante in molte zone, vuoi con l'aiuto dei tagli indiscriminati, vuoi per le sue intrinseche caratteristiche di infestante. Numerose sono le specie di arbusti che popolano il sottobosco, anche se alcune specie sono sempre più sporadiche. Il nocciolo (Corylus avellana) ed il rovo comune sono sicuramente i più abbondanti creando a volte fitti intrecci che rendono problematico l'attraversamento. Ciò è dovuto ad una elevata capacità pollonifera, oltre che di ricaccio, più abbondante soprattutto dopo numerosi tagli. La sanguinella (Cornus sanguinea), riconoscibile in autunno per la colorazione rossastra delle foglie, insieme alla frangola (Frangula alnus), si trova nelle siepi che si formano ai margini delle zone più dense. Il corniolo sopravvive in pochi esemplari anch'esso nelle zone più aperte.
Il ligustro (Ligustrum vulgare), la berretta da prete (Eumynus europaeus), la palla di neve (Viburnum opulus) ed il più comune sambuco nero sono le altre specie arbustive che prediligono sempre però aree non eccessivamente coperte.
Alcuni lotti che venivano trattati a sfalcio, all'interno del bosco, costituiscono un'ottima occasione per osservare come le specie tipiche, l’ontano nero e la farnia, colonizzano velocemente aree che tranne per il pericolo (del resto sempre presente in autunno e inverno) degli incendi, offrono condizioni sicure di rinnovazione. In questi ultimi anni, di buon auspicio per la rinascita di una variabilità vegetale nei lotti troppo spesso utilizzati, è la forte rinnovazione di acero montano (Acer pseudoplatanus), che sta conquistando il piano dominato dalla robinia. Si tratterà di salvaguardare questa "nuova" specie che per le caratteristiche di sciafilia vegeta bene all'ombra di altre piante. È
auspicabile inoltre che i fruitori del "prodotto legno" vi si avvicinino tenendo in considerazione le leggi selvicolturali di base. Si tratta di evitare il più possibile il taglio a raso, rispettando le piante non ancora giunte a maturità; in particolare, per le querce, non si dovrebbero abbattere le piante tenendo conto solo della loro classe diametrica. Il bosco presenta terreni fertili e le abbondanti precipitazioni permettono incrementi diametrici annui anche di 5 centimetri, questo fa sì che piante di classe notevole non abbiano ancora raggiunto la giusta maturità per disseminare ed il loro abbattimento prematuro impedisce la giusta rinnovazione.
È poi necessario rispettare il massimo di diversità fra le specie intervenendo, dopo i tagli, con il rimboschimento.
Qualora a livello arbustivo ed arboreo esista ancora un certo grado di variabilità, nel sottobosco si formano in primavera veri e propri tappeti di crochi (Crocus albiflorus) e di anemoni nelle specie Anemo ne nemorosa e trifolia. Lungo le linee di scorrimento delle acque rìtroviamo la calta palustre (Chalta palustris). La primula (Primula vulgaris) si accompagna al sigillo di salomone (Polygonatum multiflorum) e ai mughetti (Convallaria majalis). Sulle scarpate, indice di acidità del substrato, l'erica (Erica herbacea) e il brugo (Calluna vulgaris).
Anche il bosco a livello erbaceo vanta delle rarità, quali la presenza della genziana del Koch (Gentiana kochiana) e dell'Euphrasia nemorosa, endemismo tipico delle Alpi orientali. Abbondantissima nei lotti intensamente utilizzati è la felce aquilina (Pteridium aquilinum).
Abbandonato il bosco di Valeriano, la strada che conduce a Castelnovo del Friuli ne separa le propaggini occidentali dall'ambito del torrente Cosa. L'asta torrentizia è stata interessata da lavori di sistemazione idraulica con imbrigliamento del suo corso a partire dall'abitato di Lestans in comune di Sequals, e per quasi la metà della sua lunghezza nel territorio del comune di Spilimbergo.
L'alveo è stato ridotto con formazione di golene racchiuse fra argini di contenimento per le eventuali piene, che si verificano solo nei periodi dì massima piovosità dell'autunno e primavera e si risolvono in genere in breve tempo; le acque, proprio all'altezza dell'abitato di Gaio, percolano nel sottosuolo permeabile della zona e lo scorrimento superficiale è assai poco frequente. Due sono i guadi infatti, agevolmente attraversabili sia da Baseglia che da Gaio, che raggiungono la frazione di Vacile.
I lavori di sistemazione avevano chiaramente distrutto la flora spontanea, che attualmente però ha quasi completamente ricolonizzato l'area. Le golene e gli argini, avendo assicurato condizioni tranquille, hanno permesso alla tipica vegetazione pioniera dei terreni ghiaiosi e sciolti di riformare un manto di copertura quasi continuo e si ritrovano molte delle specie che popolano il greto del fiume Tagliamento.
Le condizioni di incoerenza a livello pedologico vedono lo svilupparsi di una vegetazione che tende ad evolversi verso i tipici boschetti a salice di ripa e pioppo nero. Stanno poi facendo la loro comparsa esemplari di carpino nero, pioppo tremolo e bianco, grazie alla disseminazione di soggetti arborei notevoli che si ritrovano fra siepi e piccoli boschetti sulla destra orografica del torrente, in un'area che, attraversata dalla roggia di Lestans (le cui acque derivano dal torrente Cosa), vede ancora un buon equilibrio fra frutteti, numerosi prati a sfalcio e questi lembi a verde di una certa consistenza.
All'altezza di Lestans, le acque di derivazione del Cosa alimentano, anche per una successiva derivazione, la roggia di Spilimbergo, che scorre nella zona pianeggiante sulla quale sorgono le due frazioni. Di profondità media sui 20-30 cm, con una larghezza sui due metri, di portata costante e caratterizzata, a differenza della precedente, dallo scorrere fra sponde non cementificate, alimenta il mulino di Baseglia, dove scorre sotterranea per un breve tratto, e lungo il suo percorso è sfruttata per scopi irrigui di coltivazioni.
Lungo la sua direttrice, che peraltro è un notevole elemento di arredo dell'ambiente sia naturale che urbano, si ritrovano le tipiche specie vegetali della zona. Sulle sponde non trattate, si sviluppano folti arbusti di rovo comune sotto il piano dominante di essenze arboree anche notevoli come pioppi, ontani neri (vedi il tipico e molto caratteristico filare di questa specie a sud di Baseglia) ed infine i salici. È possibile osservare quindi lungo l'asta della roggia come, qualora la vegetazione spontanea nel suo habitat caratteristico venga curata, possa offrire un aspetto notevole sotto il profilo dell'arredo ambientale. Da non dimenticare l'elemento principe, l'acqua, che, popolata dalla trota (Salmo trutta fario), dovrebbe venir tutelata evitando il più possibile immissioni nella stessa di scarichi sia civili che da attività produttive; considerando inoltre che il fondo di questi corsi d'acqua non può venir assimilato a discarica per rifiuti urbani, necessario ed auspicabile è il prendere in seria considerazione la sua tutela e salvaguardia, oltre che come elemento caratteristico di arredo dell'area, soprattutto come linea naturale di habitat per numerose specie animali.
Gaio e Baseglia Biglia, due frazioni dunque nelle quali il verde è presente in modo assai marcato e offre nella zona quasi un riassunto floristico e faunistico delle caratteristiche ambientali dominanti dell'Alta Pianura Friulana.
Logica conseguenza, vista la varietà degli elementi, è un richiamo alla riscoperta e alla conoscenza di quegli angoli che fortunatamente sopravvivono e anche se a prima vista solo all'occhio del conoscitore l’ambienete può sembrare ricco, le possibili visite effettuate, meglio se nelle diverse stagioni dell'anno, possono rivelare aspetti, particolari e paesaggi suggestivi.
Il primo richiamo è sicuramente quello del greto del Tagliamento, scendendo lungo la stradina dal cimitero di Gaio e raggiungendo l'area prima descritta. L'osservazione può essere effettuata su tipici boschetti ad ontano bianco, ginepro e olivello spinoso; fra le piante è possibile, con un po’ di fortuna, incontrare la volpe e fra i voli ondulati delle ballerine bianche, le stradine si perdono, spesso alterate dalle piene del fiume, nel greto.
La camminata, oltre al frequente incontro con i pivieri nella specie del corriere iccolo (Charachius dubius), nidificante fra i sassi e a volte del corriere grosso (Charachius hialicula), può portare ad osservare il volo dell’airone cenerino (Ardea cinerea), delle oche grigie dalle zampe arancioni (Anser albifrons), degli anatidi (Anas platyribyncos), questi ultimi prede ambite dai cacciatori che costruiscono i loro capanni per l’appostamento e la caccia, ai margini delle "larghe" del fiume.
Sul greto, specialmente nel periodo dell'autunno-inverno, si può incontrare la lepre ed è assai frequente vedere le sue caratteristiche impronte sui tratti sabbiosi fra i ciottoli del fiume.
L’acqua del Tagliamento ha ormai perso la sua purezza ma è tuttavia ancora popolata dalle più pregiate specie ittiche: fra trote (Salmo trutta marmoratus, Salmo trutta fario), cavedani (Leuciscus cephalus) e barbi (Barbus barbus), spicca fra tutte il temolo (Thymallus thymallus), appartenente alla famiglia dei timallidi.
Nei periodi primaverili e nelle sere d'estate, è assai curioso osservare proprio i piccoli temoli, che, piroettando nell'aria, danno il via ad una caccia sfrenata degli insetti efemerotteri, quando questi, rompendo la tensione superficiale dell'acqua, fuoriescono per riprodursi.
Lasciato il greto, si procede lungo l'interpoderale che raggiunge Borgata Mizzeri e prendendo per Valeriano la si abbandona non appena attraversato la linea ferroviaria sulla sinistra. Siamo nella zona del “Ruat”, altro corso d'acqua a regime torrentizio che segna un ambiente assai caratteristico fra le scarpate del bosco, luogo ideale di incontro con i caprioli.
Le cornacchie grigie amano sostare sulle cime più alte degli alberi e nel sottobosco della scarpata, all'ombra di querce e castagni, un continuo tappeto di pungitopo (Ruscus aculeatus) attira l'attenzione nel periodo degli addobbi natalizi.
La stradina "della Giubara" si collega alla provinciale all'interno dell'abitato di Valeriano, ma un'altra via in direzione est-ovest fuoriesce sulla provinciale poco a nord delle "case Privilegio": questa costeggia le rive e vi si incunea in un avvallamento; fra i rapidi voli dei merli domina, per la presenza notevole di querce, il verso caratteristico delle ghiandaie e fra le erbe ci si può sorprendere al veloce strisciare del biacco (Coluber viridiflavus) o del saettone (Elaphe longissima).
Lungo la provinciale, sulla sinistra, procedendo verso nord, segnata da una fila di alti pioppi neri, un'altra linea di penetrazione permette l'accesso al bosco ed una volta intrapresa e superata la linea elettrica di alta tensione che taglia tutta l'area boschiva, sulla destra sono osservabili, meglio nel periodo invernale, le tane di tassi; notevoli cumuli di terra circondano i diversi fori di entrata e non è improbabile osservare i resti dei pasti del selvatico. Le tane molto spesso vengono però sfruttate dalla volpe.
Il bosco in questa zona è stato fortemente soggetto a tagli indiscriminati e vi domina, governata a ceduo, l'acacia.
Solo lungo la scarpata sud, dove la vecchia strada di Spilimbergo esce fra i coltivi, sono osservabili esemplari di castagno e di farnie. Il luogo è adatto all'osservazione, in inverno, degli stormi numerosi di cesene. Riacquistata la provinciale per il ritorno verso l'abitato di Gaio, è preferibile sfruttare la strada bianca che dal bivio Lestans-Pinzano vi corre parallela; costeggiata da noccioli, sambuchi e rovi comuni, si ritrova qualche bell'esemplare di ciliegio selvatico.
L'itinerario appena descritto è solo uno degli spunti possibili per visitare le realtà ambientali dell'ambito naturale di Gaio e Baseglia. Le nostre realtà, il più delle volte, non sono conosciute e non vengono considerate in quanto forse non reggono un possibile paragone con itinerari di montagna o di ambienti più integri, ma questo nulla toglie alla testimonianza che tali ritagli ci offrono dell'ambiente così come si presentava prima dei massicci interventi dell'uomo.
Riscoprirli, farli conoscere, è solo il primo ma importantissimo passo per una loro dovuta e necessaria salvaguardia; le siepi segna-confine, i filari lungo la roggia, le golene del torrente Cosa riconquistate dalla vegetazione, i boschetti ripariali sul Tagliamento, le dense coperture arboree del Bosco di Valeriano sono elementi importantissimi ed indispensabili nel territorio per permettere un equilibrio con le superfici a coltivi e l'ambiente urbano, nonché aree di vita per le numerose specie animali che ancora le popolano.